sabato 1 febbraio 2014

Lampedusa, “una base militare con il pretesto dei migranti”

SECONDA GIORNATA DI LAVORI SULLA CARTA DI LAMPEDUSA. NELLA SALA DELL’AEROPORTO DOVE SI TENGONO GLI INCONTRI GLI ABITANTI HANNO RACCONTATO I LORO DISAGI COME ISOLA DI FRONTIERA. L’ASSOCIAZIONE PICCOLI IMPRENDITORI DELL’ISOLA: “VOGLIAMO ESSERE COINVOLTI NELLA STESURA DELLA CARTA”

01 febbraio 2014
LAMPEDUSA – Un’isola turistica, una base militare, l’approdo che permette di salvare le vite dei rifugiati dal mare. Lampedusa è un’isola piccola ma strategica sotto tanti punti di vista. Diverse voci lampedusane hanno voluto raccontarne la realtà davanti ai 300 attivisti italiani ed europei che si sono radunati in una sala dell’aeroporto per scrivere la Carta di Lampedusa, rispondendo a un’idea lanciata da Melting Pot dopo le stragi dei naufragi di ottobre. “Vorremmo essere coinvolti nella stesura di questa carta – ha detto Angelo Mandracchia, presidente dell’Associazione piccoli imprenditori di Lampedusa – la vostra è una presenza importante che ci fa sentire l’Italia e l’Europa più vicine”.
Mandracchia ha espresso quella che è una delle preoccupazioni più forti per gli abitanti dell’isola che ha nel turismo la risorsa economica principale. “Gli ultimi vent’anni di accoglienza parlano per noi ma ci sono ricadute che questo fenomeno ha per la nostra economia – ha spiegato – Quando si parla di sbarchi a Lampedusa i media ingigantiscono il fenomeno per fare passare la notizia e questo ci arreca danno allontanando i turisti”. Poi ha continuato: “ai migranti noi abbiamo aperto la porta di casa per invitarli alla nostra tavola, siamo scesi in piazza a manifestare con e per loro, ma il Centro di primo soccorso e accoglienza non deve accogliere per una lunga permanenza, perché non attrezzato ed è inadatto. Le immagini della disinfestazione hanno fatto il giro del mondo. E’ inammissibile che si faccia ricadere sulla società lampedusana l’incapacità di gestire il fenomeno. Cambiano gli uomini preposti ma non le metodologie”.Sono seguite una serie di richieste su cui gli abitanti dell’isola non sentono di essere ascoltati. “Ci serve un potenziamento della guardia medica, perché l’unico medico deve rispondere a tutte le chiamate se ci sono emergenze – ha detto Mandracchia – non c’è assistenza domiciliare per i malati oncologici. Per qualsiasi visita specialistica, il nostro ticket è il biglietto aereo e l’albergo da pagare. Non abbiamo una sala parto, la donna incinta e chi l’accompagna sono costretti a partire un mese prima del parto. Non abbiamo edifici scolastici adeguati, gli studenti sono costretti ad andare a scuola facendo i turni”. Oltre alla mancanza di strutture sanitarie che costringe a spostarsi, anche la carenza di collegamenti stabili con la terraferma causa disagi tali che i lampedusani affermano di sentirsi “cittadini di serie B”. “Costa meno un volo da Palermo a Roma o a Milano che il volo da Palermo a Lampedusa – ha continuato il presidente dell’associazione dei piccoli imprenditori – noi per continuità territoriale paghiamo solo 10 euro in meno del biglietto standard, quindi ogni viaggio ci costa 60 euro a tratta, ma noi in realtà siamo costretti a prendere quell’aereo. Per questo chiediamo un aiuto vero della Regione Sicilia per sostenere i costi dei trasporti”. Inoltre, secondo quanto riportato da Mandracchia, da vari anni il servizio aereo tra la Sicilia e l’isola Pelagia opera in regime di proroga, con contratti semestrali con le compagnie aeree. “Dopo il primo  luglio 2014 non abbiamo certezza dei collegamenti aerei perché scade il contratto – dice l’imprenditore – questo ci impedisce di programmare la nostra vita quotidiana e anche di pianificare il turismo. Da tempo chiediamo che questo contratto sia di almeno tre anni per permetterci una programmazione, di sapere chi sarà il vettore aereo, di conoscere costi e orari”.
Anche i collegamenti navali non sono adeguati, secondo quanto denunciano i lampedusani. “Il traghetto da Porto Empedocle è una carretta del mare che non parte appena il mare è un po’ agitato, questo ha come conseguenza che sull’isola mancano tutti i rifornimenti, perché dipendiamo dalla terraferma”. Se per Mandracchia l’operazione Mare Nostrum è positiva perché molti lampedusani vorrebbero che i migranti non transitassero dall’isola ma fossero soccorsi in mare e direttamente trasferiti in Sicilia, per Giacomo Sferlazzo dell’associazione Askavusa si tratta di un’operazione militare. “È sotto gli occhi di tutti che Lampedusa è una base militare con il pretesto dei migranti, queste sono politiche di militarizzazione del Mediterraneo” ha detto l’artista lampedusano nel suo intervento. “Il motivo scatenante per cui siamo qui – ha continuato Sferlazzo – è che questa tragedia del naufragio ha scosso l’Europa. Ma bisogna stare attenti alla retorica dell’accoglienza, perché Lampedusa non è diversa dal resto d’Italia. Capisco i lampedusani che non hanno garantiti i diritti essenziali e vedono uno spreco di milioni di euro perché si fanno affari sulla pelle di chi scappa dalle guerre. Ma per scrivere la Carta bisogna partire dalle cause che spingono le persone a partire”.(Raffaella Cosentino)

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